di Luca Sorbo *
Le ferite del divenire e la ricerca di un approdo sicuro sono al centro della ricerca visiva di Antonello Scotti, uno degli artisti più interessanti del panorama nazionale. Antonello vive il momento espositivo con grande difficoltà. Il suo interrogarsi non è finalizzato alla produzione di opere, ma è una profonda esigenza interiore e rifugge da tutte le manifestazioni estetizzanti e superficiali. Anche questa installazione alla galleria d’arte Nami di Sabrina Vitiello a via Poerio 9 a Napoli è l‘invito a vivere un’esperienza immersiva, provando a condividere con l’autore il viaggio in un tempo personale che diventa tempo mitico, un’odissea privata che trova risonanze con i miti che gli antichi greci costruirono nell’Italia Meridionale. Di questo viaggio troviamo in mostra tracce e segni,indizi delle esperienze emotive che Antonello ha vissuto. La curatrice Maria D’Ambrosio ha costruito con l’autore questo percorso da attraversare lentamente trovando evocazioni e risonanze. Antonello ha provato a fermare con la fotografia e con i segni possibili archetipi.
A sottolineare il bisogno di uno spaesamento fisico e temporale, per immergersi nell’esperienza artistica dell’autore è il titolo: ” I Kammara tu kerù ti pai leggia leggia”, scritto in greganico antico, che è una lingua ellefonica parlata nelle zone della Bovesia, Calabria Ionica del Sud. “La stanza dove il tempo va piano piano” è il significato della frase ed indica la necessità di ritagliarsi un tempo interiore che sia argine al tempo frenetico della nostra società, in cui tutto diventa consumo e commercio. Verità ed erranza sono i poli entro cui il nostro essere cerca una sua dimensione ed in questo trascinarsi ci sono le ferite dell’esistere che segnano il nostro animo ed il nostro corpo.
I lavori in esposizione sono stati realizzati tra il 2002 ed il 2022.
Da un dittico di Dongo sul lago di Como a un trittico della spiaggia di Locri Epizefiri alla ricerca di una linea di orizzonte che possa essere una guida tra determinato e indeterminato, finito e infinito per il cammino dell’uomo. Un osso incrinato è traccia delle devastazioni del divenire. Un osso che ricorda la straordinaria immagine di 2001 Odissea nello spazio, un oggetto che diventa utensile e da cui nasce il progresso scientifico che può portare l’uomo ovunque, ma paradossalmente lontano da se stesso.
La prima e l’ultima parola di un libro di Valerio Magrelli 12 volte la carta è all’origine di un dittico, composto da due cornici circolari, sul quale è scritto con la tecnica della sgraffiatura: “Questo paesaggio” , un invito ad esplorare paesaggi possibili. Una cartografia poetica è indicata da cinque vetri circolari dove è scritto, sempre con la tecnica della sgraffiatura, Elea, Sant’Angelo in Formis, Boscotrecase, Massa Equana, Minturno. Luoghi che in qualche modo sono stati radice della nostra formazione culturale. “Lascarsi accadere” è il monito di un breve video. Su un mobile un libro di Pirandello Un uomo solo, che da sempre accompagna l’autore nel suo errare.
Anche noi siamo parte del viaggio, nell’attraversare lo spazio espositivo le nostre ferite emergono e si fondono con quelle di Antonello, obbligandoci a ricercare un nostro tempo nel guardare le opere. Un silenzio interiore ci assale alla ricerca di un urlo selvaggio in cui tutto ha avuto inizio.
Un pregiato quaderno d’artista conserva momenti di questo viaggio, quattro stanze di carta dove interrogare ed interrogarsi.
Sarà possibile visitare l’istallazione fino al 9 febbraio 2023.
(*) esperto in storia e tecnica della fotografia
già docente Accademia di Belle Arti