Bankitalia e Min. Lavoro: La crisi colpisce turismo e abbigliamento

EOMA – Nei primi due mesi del 2021 l’occupazione dipendente regolare ha complessivamente ristagnato: nel bimestre gennaio-febbraio il saldo tra le posizioni attivate e quelle giunte al termine è rimasto all’incirca sugli stessi livelli del 2020, immediatamente prima dello scoppio della pandemia. Alla fine del periodo che va dall’avvio della crisi pandemica (1° marzo 2020) al 28 febbraio 2021 sono stati creati circa 300.000 posti di lavoro in meno rispetto ai dodici mesi precedenti; dopo il punto di minimo raggiunto a metà giugno (quasi 600 mila posti di lavoro in meno) è stata pertanto recuperata circa la metà del divario.

Lo rileva la seconda Nota congiunta con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali nell’ambito della collaborazione avviata a gennaio 2021 al fine di produrre analisi periodiche relative alla instaurazione, trasformazione e cessazione dei rapporti di lavoro alle dipendenze, sulla base dei dati amministrativi delle Comunicazioni obbligatorie.

 Alla fine di febbraio del 2021 – emerge dalla Nota congiunta – l’occupazione dipendente regolare è all’incirca sugli stessi livelli di dicembre: da marzo 2020 a febbraio 2021 sono stati creati circa 300.000 posti di lavoro in meno rispetto a un anno prima. Il blocco dei licenziamenti e gli incentivi alle assunzioni e alle trasformazioni introdotti dal decreto “Agosto” sostengono le posizioni di lavoro a tempo indeterminato; non recuperano invece i contratti di lavoro temporaneo.

La crisi colpisce alcuni settori più di altri. Oltre al turismo, il calo dei consumi di alcuni beni, ad esempio l’abbigliamento, incide su tutta la filiera, dalla produzione alla vendita. Al contrario, la filiera alimentare mostra segnali positivi. Resta elevata la domanda di lavoro nelle costruzioni; la forte crescita dell’e-commerce traina il comparto del trasporto merci su strada. 

In un anno (tra marzo 2020 e febbraio 2021) i posti di lavoro occupati da uomini sono aumentati di 44 mila unità rispetto all’anno prima, quelli delle donne sono diminuiti di 76.000 unità, portando di divario di genere a -120.000 posizioni. Solo  il 60 per cento del divario è riconducibile alla composizione settoriale della domanda di lavoro: il resto potrebbe dipendere dalla minore partecipazione delle donne, su cui incide anche le difficoltà di conciliazione tra attività lavorativa e carichi familiari.

La leggere il Nota congiunta:
www.bancaditalia.it/pubblicazioni/comunicazioni-obbligatorie/index.html

 

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