di Luca Sorbo
Un mondo incantato, denso di storie e leggende ci attende alla Dino Morra_Gallery con la mostra di Beatrice Alici che ha inaugurato giovedì 2 maggio e sarà visitabile fino al 27 giungo.
Lo spazio espositivo che si propone come luogo di riflessione del contemporaneo ospita questa giovane artista veneta, che oggi opera a Milano, nata nel 1992 a San Donà di Piave e formatasi al Liceo artistico di Treviso e all’Accademia di Belle Arti di Venezia.
Una pittura suadente e seducente cattura la retina dello spettatore immergendolo in atmosfere paradisiache. L‘Eden di Beatrice Alici è un luogo arcaico, senza tempo, che si materializza in scene notturne dove figure e paesaggi naturali si fondono l’uno con l’altro alla ricerca di un vissuto intimo, primordiale. Il suo è un segno sapiente, controllato, capace però di dialogare con il profondo dell‘essere umano. La perdita dell’innocenza, la sensazione che ci accompagna di essere stati cacciati dal Paradiso è una ferita che accompagna le nostre vite. Il seme diviene l’elemento per ricucire questa perdita, il nostro filo di Arianna per ritrovare le nostre radici profonde. La sua ricostruzione del Paradiso trova anche fondamento nel racconto biblico.
Ed è proprio Il primo seme il titolo della mostra curata da Domenico Chirico, a sottolineare questa ricerca. Il seme ha avuto un ruolo centrale nello sviluppo della civiltà umana ed il confrontarsi sulla sua essenza ci obbliga ad interrogarci sul nostro essere.
La donna è un altro elemento centrale della sua pittura. Vi è il recupero di un universo femminile che la cultura cattolica ha relegato in secondo piano. L’artista sottolinea in un’intervista ad Artribune che in passato vi erano molte divinità ed archetipi femminili e che pian piano si sono ridotte. La donna in fondo è dove il seme diviene vita e consente la prosecuzione della specie umana.
La luce della luna determina un’atmosfera di mistero e meraviglia, una luce che avvolge gli alberi e le figure che si confondono e richiedono la nostra attenzione per essere svelate. La composizione è molto curata, vi è una costruzione teatrale dello spazio che ci trascina in una dimensione reale che paradossalmente rafforza il suo essere immaginario.
In mostra vi è anche un trittico di sculture di ceramica dal titolo Divenirne Parte. È ispirato al celeberrimo gruppo scultoreo di Gian Lorenzo Bernini Apollo e Dafne.
Un dipingere ed uno scolpire che rivelano una notevole abilità tecnica che, però, non sono mai vuoto virtuosismo, ma sempre grimaldelli per indagare il mistero di un nostro Paradiso perduto.