Città della Scienza: giallo napoletano o metafora del Mezzogiorno?

ROMA – Martedì 21 marzo, alle ore 15, presso la Biblioteca della SVIMEZ, a Roma, sarà presentato il libro “Che fine ha fatto la Città della Scienza. Un giallo napoletano o una metafora del Mezzogiorno?”, scritto da Diletta Capissi, giornalista e sociologa.

Il volume, pubblicato da Guida Editori, indaga le dinamiche che hanno portato all’esplosione prima e al ridimensionamento dopo, di una colossale struttura scientifica come La Città della Scienza di Napoli, che aveva l’ambizione di essere un fiore all’occhiello del Sud.

All’evento parteciperanno, oltre all’autrice, il Presidente della SVIMEZ, Adriano Giannola; Enrica Amaturo, Professore Ordinario di Metodologia della ricerca sociale dell’ Università Federico II di Napoli; Leandra D’Antone, Professore Senior di Storia contemporanea all’ Università La Sapienza di Roma; Emanuele Imperiali, editorialista economico del Corriere del Mezzogiorno; Gian Paolo Manzella, vicedirettore della Rivista Giuridica del Mezzogiorno; e Luciano Violante, Presidente della Fondazione Leonardo.

Il dibattito sarà coordinato da Nando Santonastaso, giornalista ed editorialista del Mattino.

IL LIBRO

“Che fine ha fatto Città della Scienza ” Un giallo napoletano o una metafora del Mezzogiorno? – scritto dalla giornalista e sociologa Diletta Capissi e pubblicato da Guida Editori – è un libro utile. Perché indaga e mette a fuoco le dinamiche che hanno portato all’esplosione prima e al ridimensionamento poi di una colossale struttura scientifica che aveva l’ambizione di essere un fiore all’occhiello del Sud. L’interrogativo che sottende al volume, e cioè se si sia trattato “solamente” dell’incompiutezza, deludente ma in qualche modo occasionale, di un progetto oppure se sia stata ed è metafora del Mezzogiorno, conduce ad una doppia risposta affermativa. É stata l’una e l’altra cosa, con un intreccio di responsabilità a vari livelli, di “stress” gestionale e intervento sindacale che hanno costretto alla resa quello che doveva essere e per molti versi è stato luogo e borgo dell’innovazione, centro di divulgazione scientifica con ossatura “museale” ma anche incubatore di tante startup di successo, esempio di valorizzazione di un’area paesaggistica straordinaria per troppa incuria e troppo tempo sciaguratamente lasciata a sé stessa.

Città della Scienza è stata un’intuizione superlativa. In tanti hanno contribuito a scriverne la storia e a disegnarne quella “visione ” che doveva costituire il motore propulsore della rigenerazione urbana dell’area occidentale di Napoli.
Perché una metafora del Mezzogiorno? “Ho usato non a caso il termine metafora”, osserva l’autrice. “Cds è la conferma che a Napoli “si può fare” a patto che tutti lavorino nella stessa direzione, che CI sia uno strettissimo nesso tra progettualità e territorio, che tutte le migliori energie vengano spese per un obiettivo comune. Altrimenti i progetti restano lettera morta e il territorio privato delle sue potenzialità. Come ha detto Pietro Greco nell’intervista che mi ha concesso: “Citando il fisico Eduardo Caianiello direi che a di differenza di Trieste, Napoli è l’unico luogo dell’universo in cui prevale l’antimateria. Quindi appena riesci a costruire qualcosa di materiale, arriva l’antimateria e distrugge tutto ”. Ho scritto questo libro per dire che le cose non sempre devono andare così”.

Il valore dell’iniziativa è certificato dall’interesse suscitato e dall’interazione immediatamente creata con scienziati divulgatori e con le scuole del territorio (e non solo) coinvolti in progetti di spessore mai visti prima, col risultato che in breve tempo il rapporto tra cultura globalmente intesa e istituzioni scientifiche si è esteso oltre i confini regionali e poi, ancora, oltre quelli nazionali.

Più di 30 anni di storia di quel paesaggio urbano, di un gruppo di persone animate da una visione, di quel coacervo di competenze che si sono formate e consolidate nel tempo e che costituiscono il cuore pulsante e la materia vivente di quel luogo.

Senza retorica alcuna: in altri luoghi, in altri Musei della Scienza, in centri dell’innovazione europei, si rintracciano i segni, gli elementi identificativi di Città della Scienza, l’orgoglio di essere stati antesignani e costruttori di un modello che ha fatto storia e che molti Paesi hanno mutuato e avrebbero voluto replicare.

Rappresenta per il nostro Paese il simbolo e la prova che a Napoli “si può fare”.

L’incendio del 2013, rimasto senza responsabilità accertate e che riduce in cenere gli impianti, assesta un colpo di maglio da cui la struttura si riprenderà a fatica.

Il risultato è che a metà del 2017 comincia un declino che in pochi mesi sgretola questo vasto patrimonio di cultura e credibilità. “Al termine del percorso di ricerca – scrive l’autrice – l’impressione è che a un certo punto l’armonia si sia incrinata e l a sinfonia si sia trasformata in frastuono prima e rumore di fondo poi”.

Non tutte le Istituzioni hanno fatto la loro parte, non tutti hanno saputo e voluto incidere nel dirimere i nodi gestionali, nel ripianare situazioni finanziarie stressate. Ma, c’è da chiedersi, il modello di Città della Scienza resta ancora valido e, soprattutto, può essere rilanciato?

L’AUTRICE

Diletta Capissi si è laureata in Sociologia all’Università degli Studi di Napoli Federico II. È giornalista pubblicista, scrive su «Il Mattino» e diverse testate online, tra cui «OptiMagazine», sui temi dei giovani, del Mezzogiorno e delle start up innovative; scrive anche di cultura, di teatro e di associazionismo.

Ha partecipato a numerose ricerche di carattere socio-economico e territoriale per conto di Enti, Università, Istituzioni locali e nazionali. Collabora a progetti di comunicazione e alle iniziative del #JobDayDEMI del Dipartimento di Economia, Management, Istituzioni dell’Università Federico II di Napoli. Collabora inoltre con Giffoni Innovation Hub all’elaborazione di progetti sui temi di cultura digitale.
Nel 2010 ha ricevuto il Premio Michele Tito di giornalismo nell’ambito del “Sele d’Oro Mezzogiorno” per la pubblicazione su «Il Mattino» di storie sugli Imprenditori del Sud.

Ha curato ed è stata coautrice di alcune pubblicazioni sulla valorizzazione e la crescita del Mezzogiorno.

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