NAPOLI – Ogni anno, 1,3 milioni di persone nel mondo perdono la vita a causa di un incidente stradale. Lo ricorda l‘OMS. La fascia di età compresa tra 5 e 29 anni è quella più duramente colpita.
Il 19 novembre ricorre la Giornata Nazionale e Mondiale in ricordo delle Vittime della Strada; diventa doveroso prendere atto di questi dati allarmanti e adottare misure concrete per migliorare la sicurezza stradale passiva a livello globale.
L’Italia, secondo i dati Istat, registra un preoccupante aumento del 9,9% delle vittime di incidente stradale, con 3.159 decessi e 223.475 feriti (+9,2%).
Il tasso di mortalità nazionale è salito a 53,6 morti ogni milione di abitanti, posizionando il nostro paese al 19° posto nella graduatoria UE, un calo significativo rispetto al 13° posto del 2021. Questo dato allarmante ci pone dietro a paesi come Francia, Spagna, Germania e Regno Unito, il cui tasso di mortalità è la metà di quello italiano.
Le strade urbane rappresentano il luogo con l’incidentalità più elevata, con 121.818 sinistri rispetto agli 8.375 sulle autostrade. Lombardia, Lazio, Emilia Romagna, Toscana e Veneto segnalano i più alti livelli di incidenti e decessi.
“In vista della Giornata Mondiale in Ricordo delle Vittime della Strada, esortiamo tutti a riflettere su questi dati allarmanti e ad adottare misure concrete per migliorare la sicurezza stradale passiva in Italia. Ogni azione conta, può contribuire a salvare vite e a costruire infrastrutture stradali più sicure” afferma Roberto Impero, autorevole esperto internazionale di sicurezza stradale passiva e Ceo di SMA Road Safety.
L’esperto: il problema è molto lontano dalla soluzione
“E’ in atto da anni una sottovalutazione del pericolo, da nord a sud. Possiamo stimare che il 60% delle strade (rete autostradale esclusa) in Italia non sia a norma. Spesso numerosi ostacoli fissi, come le cuspidi, la parte terminale del guardrail, alberi, piloni e pali segnaletici sono completamente sprovvisti di sistemi di protezione. In tantissimi altri casi i dispositivi presenti, dall’attenuatore d’urto alla barriera laterale, sono incidentati, obsoleti, in attesa di essere riparati o sostituiti, tra continui rimpalli di competenza fra comune, regione ed ente gestore” spiega Roberto Impero.
È urgente adeguare la normativa al parco veicolare circolante
“Siamo in presenza di tantissimi dispositivi che, sulla carta, sono a norma, ma che purtroppo non garantiscono prestazioni sufficienti per i veicoli attualmente circolanti. Questo rappresenta una vera e propria bomba a orologeria. Le barriere in uso sono state progettate per veicoli che circolavano oltre 30 anni fa, e per la cui omologazione sono previsti crash test condotti con auto di 900 kg a 100 km/h. Gli attenuatori d’urto, invece, stando alla normativa vigente, effettuano test con veicoli di massimo 1,5 tonnellate, lanciati a 110 km/h. Non si tiene conto che su alcune tipologie di strada il limite sia di 130 km/h e soprattutto che circolano veicoli ben più pesanti di 900 kg, 1 tonnellata, come i SUV e le auto elettriche”, aggiunge Impero.
L’alibi del limite di velocità
È purtroppo molto frequente l’adozione di limiti di velocità di 30 o 40 km/h per cercare di limitare la pericolosità di punti stradali critici. In pratica è come mettere una pezza, per non intervenire in modo risolutivo sull’infrastruttura, fornendo inoltre l'”alibi del limite stradale non rispettato” per assolvere il gestore in fase giudiziale. In questo modo, però, chi in strada ci viaggia tutti i giorni non viene tutelato. “Non dobbiamo dimenticare – spiega l’esperto – che è sufficiente un impatto a 40 km/h contro un palo dal diametro 20 cm perché ci sia il rischio di tetraplegia per i passeggeri”.
La sicurezza stradale non idonea ha dei costi elevati
Istat ha calcolato che solo nel 2022 le morti sulle strade italiane hanno generato un costo sociale ed economico molto elevato, 18 miliardi di Euro, pari allo 0,9% del PIL nazionale. “Una cifra enorme, soprattutto se paragonata al costo dei dispositivi salvavita. Un guard rail della migliore qualità costa 500 euro al metro lineare. Una spesa sostenibile quando si tratta di salvare vite: l’alibi della mancanza di budget non regge più. È necessaria una mappatura puntuale dei punti pericolosi, per metterli una volta per tutte in sicurezza. Non è solo una questione etica, è un obbligo di legge, perseguibile come “omicidio stradale colposo” ai danni del gestore della strada” commenta Roberto Impero.
Multe e il miraggio del sostegno alle infrastrutture stradali
In Italia, il Decreto Legislativo del 30 aprile 1992 è stato concepito per incentivare e sostenere la sicurezza stradale, destinando il 50% dei proventi delle sanzioni alla sensibilizzazione su questo tema, mentre stabilisce che gli incassi derivanti dalle multe per eccesso di velocità debbano essere reinvestiti in opere che migliorino la sicurezza stradale. Tuttavia, un recente report dell’ASAPS e dell’Associazione Lorenzo Guarnieri ha fatto emergere come spesso i comuni utilizzino i proventi delle multe per coprire costi già sostenuti, assegnandoli successivamente alla categoria della sicurezza stradale, anche se nulla ne hanno a che fare.
“Il problema è anche di natura culturale: oggi si pensa alla sicurezza stradale unicamente come una responsabilità attiva dell’automobilista. Lo stesso nuovo codice della strada non dedica il giusto spazio al tema infrastrutturale. Certamente seguire le regole quando si è alla guida è cruciale, ma anche la qualità della strada che si percorre gioca un ruolo importantissimo nel determinare l’esito di un incidente, indipendentemente dalle cause che lo hanno generato. Qualora un pullman perdesse il controllo, ad esempio, sarebbe auspicabile che adeguati dispositivi salvavita fossero presenti per impedire che invada la carreggiata opposta o che precipiti dal cavalcavia. Allo stesso modo se un auto dovesse urtare la parte terminale del guardrail, le conseguenze sarebbero meno gravi se questa fosse protetta da apposito terminale, in caso contrario la lamiera infilzerebbe come un coltello nel burro l’abitacolo” conclude Roberto Impero.