di Girolamo De Simone *
Martedì 21 novembre, alle 18, alla Fondazione Ernesta Besso (Via Largo di Torre Argentina 11) verrà presentato il nuovo libro di Michele Bovi “Anche Mozart copiava e plagiava i Beatles” (Minerva Edizioni). Con l'Autore interverranno Giorgio Assumma, Vincenzo Maria Mastronardi, Nicola ‘Dj Batman' Battista e Caterina De Mata. A seguire un evento musicale con Mal & The CTU e con Vince Tempera, Johnny Charlton, Gianni Colaiacomo, Duilio Sorrenti, Ines Paolucci. Special guest Giorgio Assumma e Michele Bovi.
Tendenzialmente esistono due visioni della musica. Due ‘tipi' alla Weininger. Per il primo, la musica è legata al profilo d'Autore, è più o meno profonda, grande, esteticamente valida, nella misura in cui dice, o ritiene di dire, cose ‘nuove', mai udite, in grado di innovare ciò che esisteva ‘prima'. Essa si considera come una parola pura, definitiva rispetto all'epoca storica nella quale viene proferita, e genera brani creati ex novo dal compositore, benché spesso egli si dia da solo le regole da seguire: Ravel, Debussy, Stravinskij, spesso attribuiscono all'opera dei paletti di organico, forma, destinazione d'uso. Ci scommettono già prima di iniziare a comporre, per vincere una sfida con sé stessi, e produrre l'opera che rispetti quei desiderata e si costituisca come… originale.
Si tratta, però, davvero di una parola mai ascoltata? di organizzazioni sonore completamente inedite? Come scrive Michele Bovi: «Ogni innovazione, tutte le scoperte più autorevoli in ogni settore sono in realtà un'importante tessera in più all'interno di un mosaico costruito nel tempo da tanti altri».
Evidentemente, a una visione che aspira a vette inaudite e purezza formale se ne contrappone un'altra che segue un principio di trasformazione delle cose. Estendendo tale categoria secondo logica, si vede chiaramente che nulla nasce dal nulla e che ogni forma musicale, anche se apparentemente inedita, risente di altre opere, ne porta inscritte tracce leggibili e facilmente reperibili, attraverso l'analisi di esperti o ascolti appena più scaltri della media.
Come ogni tipo, anche questi due (che rappresentano gli sguardi simmetrici di un Giano bifronte su purezza e mescolanza) finiscono col conoscere esiti ‘misti', da noi adoperati quotidianamente (e spesso inconsapevolmente) laddove emettiamo un giudizio di ‘ammissibilità' dell'opera, un parere collocato all'interno di un panorama preesistente di tesi convenzionalmente ritenute accettabili. Ci sfugge come questa scena preconfezionata risenta a sua volta di meccanismi di induzione messi a nudo già negli anni Cinquanta da Theodor W. Adorno in Filosofia della musica moderna. Qui, però, persino la sua apodittica impalcatura teorica giunge a conclusioni piuttosto equivoche: anche quella musica che rispetti il più possibile la logica dei propri materiali costitutivi (profilo interno), e la concretezza dell'oggetto sonoro nella sua evoluzione storica (profilo esterno), ebbene anche per essa non si potrà parlare di autenticità: «forse potrebbe essere autentica solo l'arte che si fosse liberata dall'idea stessa di autenticità, dall'idea del dover essere solo così e non diversamente» (T.W. Adorno). E questa, in fondo, è una conclusione non lontana da quanto asserito dall'altro grande francofortese, Walter Benjamin, per il quale le forme artistiche replicanti, nella loro interazione con le masse, potrebbero invece restituirci barlumi di autenticità e di emancipazione, proprio in ragione della loro spontaneità… ingenua. Le masse non cercano ‘solo' distrazione: «si tratta di un luogo comune» (W. Benjamin).
In questo quadro, è possibile dare un giudizio residuo di qualità, e dove andarlo a reperire? In altri termini, è possibile ottenere, seguire, una guida che possa dirci quando un brano musicale tende all'autentico, e in che misura? Come accennato, questa autenticità è un dato in movimento, non certo uno status inviolabile o una categoria immutabile dello spirito…
Michele Bovi, autore Rai e autorevole firma giornalistica, è il maggior esperto italiano di liti musicali e del plagio tra autori. Ci ha raccontato in molti volumi, e mostrato sul campo – in tante trasmissioni televisive che hanno fatto epoca, lasciato un segno e persino diventate oggetto di imitazione – il mondo delle cover, delle somiglianze, dei plagi musicali e del cloni, fino alle copie ‘al dettaglio' dei campioni digitali e dei timbri (con rilievo alle componenti inarmoniche del suono) di una canzone di successo.
Sorprendentemente, come ci racconta Bovi, questo fenomeno non è riferibile al solo mondo della canzone, ma è presente in ogni epoca storica, in ogni genere musicale, con tutte le ricadute che l'affermazione comporta nella ridefinizione delle tradizionali categorie estetiche e nella profilatura di una ‘estetica del plagio'. Si ipotizza così l'individuazione di strumenti analitici che consentano un inventario delle similarità melodiche, armoniche e di tutti gli aspetti sintattici (ripetizione, variazione, contrasto e contiguità, evoluzione del motivo, correlazione tra motivo e risposta) ben noti a quegli esperti che si trovano a dover raccontare quale sia il grado di ‘vicinanza', chiamiamola così, tra un originale e il suo doppio. Ma il punto è proprio la difficoltà di reperirlo, questo originale, dacché esso sfugge come la Urpflanze, la 'pianta originaria' di Goethe, tanto ricorrenti e simili appaiono le formule e le strutture armoniche funzionali al movimento degli accordi, a partire dal momento in cui questa armonia occidentale nacque, col suo sistema semplificato di triadi, di scale e accordature ‘aggiustate'. Produrre un inventario realmente esaustivo è un po' la Mission impossible del nostro tempo.
Il presupposto che Michele Bovi assume con straordinaria lucidità, risiede nella considerazione giuridica (oltre che etica ed estetica) per la quale, laddove venisse fuori un modello, una canzone che preceda le due che appaiono contendersi il primato dell'autenticità, ebbene in tal caso non si potrebbe parlare di plagio… Quindi, eccetto in casi di evidente malafede, spesso legati a uno scopo di mero profitto, nelle altre numerose evenienze di similitudini, non si potrà parlare né di plagio né di… telepatia, come acutamente e ironicamente già suggeriva Tito Aprea, precursore delle tesi di plagio estetico e allievo di Alessandro Longo. Ci si dovrà piuttosto riferire a un meccanismo già insito, naturaliter, nella stessa procedura ideativa e compositiva: una prassi della citazione e dell'uso di costrutti, formule, aggregati, implicita nel lessico musicale, e presente in ogni epoca storica. Un fenomeno, questa riproducibilità estesa, che negli ultimi anni è diventato di tale effusività domestica da trasformarsi in rizoma (germogli sotterranei, ramificati in modo invisibile, come le radici di un tubero) da farci smarrire la connotazione etica di ciò che un autore possa o non possa lecitamente fare pur di produrre una canzone di successo.
Michele Bovi racconta tutto questo con levità, garbo, e con stile che appassiona e pone il lettore in grado di arrivare a conclusioni autonome; il suo libro ci mette di fronte a una sequela di fatti e curiosità utile a ricostruire la vera storia di brani notissimi, di personaggi famosi, di vere celebrità della musica, di oggi e del passato. A partire da Mozart, che era ben consapevole di cosa significasse rubare un brano…, visto che ne interloquiva con la sorella in una celebre missiva del 1770, a proposito di un Minuetto di Michael Haydn.
Eppure, Mozart restò in grado di ‘appropriarsi' di stili e formule altrui senza… risentirne, come del resto anche Bach, che trascriveva e ‘rileggeva' concerti italiani al clavicembalo. La grandezza di questi compositori, ciò che li ha resi dei veri e propri sempreverdi, consiste in una allure particolare. Una cifra del loro dire che resta immutata nel tempo, anche laddove essi utilizzano materiali già noti.
Ed è ciò che avviene anche ai fuoriclasse di oggi e di appena ieri, dai Beatles ai Rolling Stones, come ci svela esaurientemente Michele Bovi in un volume che non può mancare sugli scaffali di esperti e amanti della musica. [Estratto dalla Prefazione al volume]
(*) Musicista e critico musicale
È tra gli esponenti delle avanguardie musicali legate alla musica di frontiera