di Luca Sorbo *
È un abbraccio sincero di Vittorio De Sica a Partenope il libro fotografico Napoli, una città nei suoi personaggi, edito da Rizzoli nel 1960 e illustrato con le immagini di Herbert List, uno dei maggiori fotografi del dopoguerra. È un immergersi nelle realtà umane più diverse, dai nobili alle persone più umili per indagare l‘anima profonda della città, il suo mostrarsi apparente, il suo essere più nascosto e vero.
L’ideatore dell‘iniziativa è stato Cesare Zavattini che dopo aver pubblicato con Paul Strand il libro fotografico su Luzzara nel 1955 dal titolo Un paese e edito da Einaudi, coinvolge l’amico regista per produrre qualcosa di simile a Napoli.
Siamo nell’ epoca del neorealismo e Zavattini vuole ottenere con la fotografia qualcosa di simile di ciò che aveva, con straordinario successo internazionale, prodotto con il cinema.
De Sica conosceva molto bene Napoli, la frequentava fin da bambino per lunghi periodi, soggiornando da una zia nei mesi estivi. Il bambino De Sica vive l’incanto della vita di strada, ne comprende la profonda umanità anche quando le situazioni erano di drammatica povertà.
Quando sarà diventato un regista famoso ambienterà molte sue pellicole nella città, titoli molto noti che hanno scritto la storia del cinema italiano.
Questo libro è qualcosa di diverso, è un viaggio nella memoria personale, è un confrontarsi senza pregiudizi con i tanti personaggi che popolano la città che sta diventando metropoli, che porta ancora i segni delle ferite della guerra, ma che sta provando a partecipare allo sviluppo economico che l’Italia vive alla fine degli anni Cinquanta.
Il libro edito da Rizzoli ha un formato di 28x23cm, con una copertina rigida ed una sovracopertina illustrata. Contiene 210 pagine con 187 fotografie, tutte con un breve testo scritto da De Sica, che spesso trascrive quando gli viene raccontato dal personaggio ritratto.
Herbert List ritrae la proprietaria del chiosco di giornali all’interno della galleria Vittorio Emanuele II che rivela che proprio in questa edicola compravano i giornali Matilde Serao ed Eduardo Scarfoglio.
C’è una prostituta che dice a De Sica ”Sono Concetta. Ci perseguitano. Non permettono neanche che ci sediamo in un bar. C’è il brigadiere di quartiere che chiamiamo “Pizzicato”, perché tiene la faccia vaiolosa, che non ci lascia in pace. Ho una figlia di sette anni. Fa la seconda elementare”.
La moglie di un pescatore gli dice: “Sono Anna Grieco del 1901, 31 gennaio. Ho sette figli viventi e mio marito fa Chiaiese. Simme tutte pescature e lavoriamo tutti alla stessa sciaveca. Facciamo dai 10 chili ai 50 chili di savarielle, sarde, alici e prevaglie. Quando avevo 14 anni me volevano come artista ‘e cinema. Me so’ sposata e diciotto anni. Ero bella e la bellezza mia se l’è vista il mare e le fatiche”.
Il vetturino gli racconta “Pasquale Mostacciuolo, fo’ servizio alla stazione dall’età di 13 anni. Ora ho 44 anni. Ho cinque figli tutti piccoli. Siamo rimasti in settanta vetturini da nolo. Hanno messo tutte sti macchine e abbiamo perso noi […]”
Sono indagati gli aspetti più caratteristici della città, dai mestieri, alle tradizioni, alle manifestazioni sacre. De Sica cerca sempre una verità, un qualcosa che identifichi in modo indelebile l’esperienza di vita con cui si confronta.
È come se ogni personaggio interpretasse il ruolo di sé stesso ed Herbert List deve riuscire con un solo fotogramma a registrare questa recitazione visiva.
List era un fotografo molto raffinato, vicino alle ricerche estetiche dei surrealisti. Figlio di una ricca famiglia di Amburgo, aveva studiato storia ad Heidelberg ed amava il Mediterraneo con tutte le sue suggestioni storiche e mitiche. Straordinario il suo libro Luce sulla Grecia in cui attraverso raffinate ed originali soluzioni formali mostra tutta la sua fascinazione per l’antico.
Il reportage, nonostante la collaborazione con la prestigiosa agenzia Magnum, non era nelle sue corde. Immagino quindi come deve averlo coinvolto emotivamente De Sica per riuscire ad avere un suo impegno massimo.
Le foto sono straordinarie, sono da considerare la prima Indagine sociale di ampio respiro della città. Non dimentichiamo che negli anni Cinquanta del Novecento era ancora lo stereotipo ottocentesco a dominare e la fotografia sociale era poco diffusa. Anche il fotogiornalismo indugiava spesso sullo stereotipo e comunque si limitava a registrare i numerosi eventi di cronaca. List sa trovare differenti soluzioni formali. A volte si limita ad uno scatto frontale, puramente descrittivo, altre volte gioca con le ombre ed i differenti piani di messa a fuoco per creare sorprendenti centri di interesse.
Questo volume, quasi mai viene considerato nelle storie della fotografia italiana e neppure nelle storie della città di Napoli, al contrario rappresenta una pietra miliare della rappresentazione della città in cui convergono alcune delle migliori intelligenze dell’epoca.
Le ricerche visive successive, da quelle di Luciano D’Alessandro a quelle di Mimmo Jodice dovrebbero essere analizzate anche alla luce di queste immagini che sono un patrimonio visivo formidabile, una pietra di paragone irrinunciabile.
(*) esperto in storia e tecnica della fotografia
già docente Accademia di Belle Arti