
di Giovanna d’Elia *
“Questo lavoro non è adatto ad una donna”. Diverse espressioni utilizzate nel mondo del lavoro alcune espressioni trasmettono il messaggio che certe posizioni lavorative siano adatte solo agli uomini come nel caso qui e si sminuiscono le capacità delle donne e che il ruolo delle donne debba essere confinato alla cucina (“Datti ai fornelli”).
Inoltre secondo alcuni modi di dire le donne possono arrivare in alto solo usando il loro corpo “Con chi sei stata per fare questo lavoro?”. Quando poi una donna dimostra le sue competenze la si paragona a un uomo “Una donna con le palle”. Inoltre le donne sul posto di lavoro vengono talvolta considerate frustrate e acide: “La mia capa/collega è acida, avrà il ciclo” ne è solo un esempio.
Violenza contro le donne è anche quando l’uomo dice frasi come “te la sei cercata” o “avete voluto la parità”.
Si comincia con la spezia del sarcasmo e poi, piano piano, superiorità, disprezzo ma anche una segreta e inconscia paura precipitano nella violenza che spesso fiorisce proprio tra le pareti domestiche e di lavoro.
Cosa si intende per molestie sui luoghi di lavoro?
Le molestie sono comportamenti ostili, intimidatori o offensivi avvenuti sul luogo di lavoro da parte di uno o più colleghi o superiori. Possono includere commenti sessisti o razzisti, discriminazione, minacce verbali o fisiche, isolamento sociale, ostracismo, umiliazioni o insulti ripetuti. Una forma più sistematica e continua di molestie sul posto di lavoro è considerata mobbing, che ha come obiettivo ultimo quello di demotivare la vittima o indurla a dimettersi.
Prendiamo ad esempio l’isolamento sociale: un dipendente viene costantemente escluso dal gruppo di lavoro, non viene invitato alle riunioni o alle attività sociali dell’ufficio.
Si parla per esempio di molestie di natura sessuale se vengono fatti commenti sull’aspetto fisico, richiesti favori sessuali, toccamenti inappropriati o invasivi o qualsiasi altra forma di allusione sessuale, che possono essere ritenuti offensivi dalla vittima e renderla vulnerabile, metterla a disagio e in imbarazzo. Ci si riferisce a molestie di genere se avvengono discriminazioni o trattamenti ingiusti basati sull’identità di genere di una persona. Fondamentale è saper prevenire prima e poi riconoscere le molestie, e agire di conseguenza a tutela delle vittime.
Quale normativa regolamenta i casi di molestie nei luoghi di lavoro?
Esistono normative che regolamentano questo tema e vietano il comportamento discriminatorio e ostile, richiedendo in particolar modo ai datori di lavoro di adottare misure preventive per evitare di incorrere in tali situazioni, che rappresentano fattori di rischio lavorativo.
In Italia, citiamo solo alcune delle tante normative note:
- il Testo Unico sulla Salute e Sicurezza sul Lavoro (D.Lgs. 81/2008), che stabilisce l’obbligo del datore di lavoro di garantire un ambiente di lavoro sicuro e privo di rischi per la salute fisica e mentale dei dipendenti. Citando l’art. 4, il datore di lavoro deve adottare misure di prevenzione e protezione per evitare comportamenti molesti o discriminatori da parte dei dipendenti o dei colleghi, nonché per tutelare la salute mentale e fisica dei lavoratori;
- la Legge n.108/1996 e successive modifiche e integrazioni, prevede la tutela contro le molestie e la violenza morale sul lavoro, stabilendo che i comportamenti offensivi, vessatori o discriminatori, che causano una situazione di stress e di sofferenza sul lavoro, sono sanzionati dal diritto civile e penale;
- il Codice Penale, art 612-bis, che punisce con la reclusione fino a 6 mesi o con una sanzione chiunque, con condotte ripetute, arreca a una persona una situazione di oggettiva intimidazione, umiliazione o degrado sul posto di lavoro;
- il Decreto Legislativo n.198/2006 art 26 sancisce una equiparazione tra molestie sessuali e discriminazioni di genere;
- il Decreto Legislativo sul Whistleblowing D.Lgs. 24/2023 ha introdotto alcuni specifici requisiti, ad esempio, sui canali di segnalazione attraverso cui le vittime che hanno subito molestie possono riferire le condotte subite, o ancora sui doveri di riservatezza e diritti di tutela del segnalante. E tra queste segnalazioni rientrano ovviamente anche i casi di molestia.
Che cosa fare e a chi rivolgersi in caso di molestie sul lavoro?
La prima cosa da fare è rivolgersi ai propri datori di lavoro o HR Manager. È importante denunciare le molestie il prima possibile, per evitare che la situazione peggiori e per permettere di intervenire tempestivamente.
Nel caso in cui la molestia riguardasse i datori di lavoro o qualora la denuncia agli organi preposti internamente all’Organizzazione non abbia seguito e non sia presa in carico, è possibile rivolgersi e prestare denuncia all’ispettorato del lavoro (attraverso l’apposito modulo), secondo quanto sancito dal D.Lgs n.149/2015, o alle autorità competenti per la tutela dei diritti dei lavoratori, oppure ai sindacati, alle associazioni di categoria e ulteriori organizzazioni di tutela dei diritti dei lavoratori.
Con l’obiettivo di proteggersi e ottenere un intervento tempestivo, la vittima può:
- denunciare immediatamente le molestie subite avviando una procedura di segnalazione attraverso il canale del Whistleblowing;
- raccogliere le prove delle molestie subite, come ad esempio email, messaggi, testimonianze di colleghi, tali da essere utilizzate in eventuali procedimenti legali, anche in caso di richiesta di un’azione risarcitoria;
- richiedere un eventuale trasferimento se possibile per evitare ulteriori interazioni;
- richiedere un supporto medico o psicologico in caso di sintomi di stress o ansia legati alla situazione, rapportandosi con la figura del Medico Competente;
- in caso di discriminazioni o comportamenti illegali, avviare un’azione penale e presentare denuncia alle autorità competenti, come per esempio i Carabinieri o la polizia.
La denuncia della vittima può portare ad una indagine interna, con l’obiettivo di identificare e sanzionare la persona responsabile e implementare nuove misure per prevenire future violazioni. I datori di lavoro possono decidere di procedere anche al legittimo licenziamento della persona individuata come responsabile delle molestie sul luogo di lavoro: infatti i comportamenti indesiderati ai danni dei colleghi e delle colleghe costituiscono giusta causa di licenziamento dei dipendenti.
Considerazioni: Cultura di Parità di Genere e Buone Pratiche delle Organizzazioni
PARITÀ DI GENERE
Raggiungere l’uguaglianza di genere e l’empowerment (maggiore forza, autostima e consapevolezza) di tutte le donne e le ragazze.
La violenza è violenza in ogni ambito e solo con una cultura della Parità di Genere, si può ridurre e la Parità di Genere può arginare la Violenza.
Le violenze di genere sono sempre accompagnate da ragioni ideologiche e culturali: prendere seriamente in considerazione le segnalazioni di violenza, organizzare corsi di formazione e costruire una responsabilità condivisa.
Bisogna focalizzarsi sulle pratiche da adottare per porre fine alla mentalità che si annida dietro ai comportamenti violenti contro le donne.
Le ragioni profonde del fenomeno della violenza di genere abbiano radici culturali. La maggior parte delle culture promuove e permette forme di aggressione sessuale, operate dagli uomini e dirette contro donne e ragazze: spesso infatti le molestie psicologiche e fisiche sono giustificate in virtù dell’appartenenza a una certa comunità culturale e alle sue tradizioni.
La cultura non è qualcosa di fisso e immutabile che deriva dalla Natura: essa piuttosto è un costrutto artificiale e sociale in continuo cambiamento. In altre parole, la cultura crea il senso della società, ma è essa stessa una creazione sociale. Le molestie sessuali trovano il loro contesto all’interno di tale circolarità: la cultura dello stupro ha prodotto costumi e regole sociali con atteggiamenti dominanti che giustificano e promuovono le violenze di genere.
Un’organizzazione, che sia un’istituzione o un’azienda, deve scegliere un approccio centrato sulla vittima della molestia, optando per prendere posizione al suo fianco, accompagnarla e fare in modo che essa non si senta sola.
Il primo passo per favorire questo approccio è l’ascolto. È importante dare spazio alla vittima perché racconti la sua storia senza essere interrotta; bisogna ascoltare con pazienza, empatia e assenza di giudizio, evitando che il dialogo diventi un “interrogatorio” e curando il linguaggio utilizzato. Essere ricettivi ed empatizzare significa non dover sapere necessariamente ogni minimo dettaglio dell’accaduto e soprattutto evitare di colpevolizzare la vittima. Inoltre è essenziale dare priorità alla riservatezza e alla sicurezza della persona che riporta l’abuso, chiedendole di cosa ha paura, nonché assicurarsi che i principi di supporto alla vittima siano chiari a tutti e tutte coloro che la circondano.
Non solo, la molestia sessuale provoca una tale angoscia nella persona che la riceve da portarla ad allontanarsi dal luogo di lavoro , soprattutto se teme conseguenze pericolose dovute alla sua testimonianza. Chi ascolta deve prevedere questo possibile atteggiamento, fornendo risposte concrete per la tutela e la sicurezza psicologica e fisica della persona.
Effetti sul piano personale
La persona molestata perde la tranquillità e vive le sue ore di lavoro in permanente stato di ansietà e di insicurezza. Quasi sempre non sa con chi confidarsi. Di conseguenza, a lungo andare, insorgono forme di disagio psicologico, fino alla presenza dei sintomi propri delle patologie ansiogene, quali: insonnia, nervosismo, inappetenza, svogliatezza, disattenzione e inconcludenza sul lavoro. Nei casi più gravi, si verificano rifiuto del lavoro e depressione, con il risultato di rifugiarsi in assenze continuative per malattia e perfino di ricorrere alle dimissioni volontarie .
Effetti sul piano aziendale
Gli effetti negativi sulla produttività aziendale sono facilmente immaginabili e sono diretta conseguenza degli effetti sul piano personale. Ecco perché il datore di lavoro, che è tenuto per legge a garantire il benessere dei suoi dipendenti, deve fare molta attenzione a che non si verifichino casi di molestia sessuale.
Ha tutto l’interesse a mantenere in “ben-Essere” il suo ambiente.
Formazione. Una modalità efficace per fare formazione sui temi della violenza di genere è quella di impostare percorsi su una linea personale, di identità consapevolezza mirata a mettere in discussione il punto di vista di ogni partecipante, così da generare un vero cambio di prospettiva e in un confronto tra i generi e ruoli. Queste esperienze possono diventare uno strumento importante per favorire il cambiamento culturale all’interno dell’organizzazione, sia per quanto riguarda il lavoro di prevenzione che per migliorare le risposte alle molestie.
Altro passo importante infatti è la costruzione di una responsabilità collettiva basata sulla cooperazione di tutte le persone che sono consapevoli della gravità delle molestie sessuali. Le donne vittime di violenza devono sapere di non essere sole ed essere consapevoli di avere il supporto sia da parte della società civile e in questo il Goal 5 degli SDGs “Parità di genere, che presenta Target specifici legati all’eliminazione della violenza di genere.
Tutti e tutte devono essere coinvolti nel processo verso una cultura della parità condividendo dei principi base.
Una domanda che emerge spesso quando si parla di violenze di genere è: perché le vittime non testimoniano? Sembrerebbe la cosa più semplice da fare, eppure, per chi è obiettivo di violenza, denunciare può rappresentare un’opzione complessa. Testimoniare infatti può voler dire esporsi e rischiare; le vittime prendono decisioni ponderate, analizzando i vantaggi e le conseguenze di ogni loro scelta.
Per evitare il silenzio, è necessario cambiare mentalità rispetto a quello che significa e comporta denunciare una molestia, facendo comprendere alla vittima che può solamente trarre benefici reali e tutele.
Ascolto Empatico, Cura, Cultura di Parità di Genere e Responsabilità Colletiva, sono le parole che devono incarnarsi con Coraggio nelle organizzazioni e nelle persone.
“L’uguaglianza è un bisogno vitale dell’anima umana. La stessa quantità di rispetto e di attenzione è dovuta a ogni essere umano, perché il rispetto non ha gradi”. (Simone Weil)
(*) HR Director Focus Consulting
Esperta Risorse Umane e Parità di Genere e Opportunità
DiversityEquityInclusion
(ph. Francesco Bellofatto)