di Luca Sorbo
Roberto Lavini, originario di Salerno e residente ad Arezzo, è tra i maggiori esperti italiani di tecniche di stampa fotografica storica. La sua è una ricerca sulle possibilità artistiche delle impronte di luce. Professionista affermato, è un punto di riferimento per appassionati ed istituzioni. Il suo lavoro coniuga eleganza e sapienza. Numerose sono le sue mostre e pubblicazioni.
Come è nato il tuo interesse per la fotografia?
Ho iniziato a fotografare da adolescente negli anni Settanta del Novecento, ma c’è voluto un pò di tempo prima che mi occupassi seriamente di fotografia. Disponevo di una fotocamera 35mm a telemetro che avevo preso in prestito da mio padre e che adoperavo durante le passeggiate con i miei amici. Con il passare degli anni alcuni di loro mi chiesero di fotografare il loro matrimonio, cosí iniziò la mia professione di fotografo per privati.
Quale è stato il tuo percorso formativo?
La mia formazione è iniziata sul campo. L’esperienza diretta, specie nei primi anni, è stata fondamentale per sviluppare competenze tecniche e sensibilità visiva. Mi sono innamorato presto della camera oscura, che mi offriva la possibilità di rallentare il processo creativo e riflettere in modo più consapevole su ogni immagine. Sentivo però il bisogno di approfondire gli aspetti teorici e storici del linguaggio visivo, così mi sono iscritto al DAMS di Bologna, dove ho concentrato i miei studi su fotografia e graphic design.
Quali sono state le tue esperienze lavorative nel mondo della fotografia?
Ho lavorato in diversi ambiti della fotografia commerciale: matrimoni, still-life, pubblicità, ritrattistica.
Da un po’ di tempo, sotto il nome di Camera Creativa conduco un laboratorio di Stampa Fotografica Analogica. Collaboro con fotografi e artisti offrendo consulenza personalizzata. Attraverso la ricerca e la sperimentazione, li aiuto a integrare i processi fotografici storici con materiali e supporti contemporanei, creando così un dialogo tra tradizione e innovazione.
Come e perchè è nato il tuo interesse per le tecniche di stampa dell’Ottocento?
L’interesse è nato durante gli studi universitari preparando l’esame di Storia della Fotografia. Rimasi colpito dalla varietà e ricchezza dei processi impiegati nel XIX secolo, un’epoca di straordinaria creatività e innovazione. I fotografi dell’epoca si comportavano come veri e propri ricercatori, sperimentvano materiali, formule e metodi. Mi sono chiesto: se i pionieri della fotografia, con gli strumenti disponevano all’epoca, sono riusciti a creare immagini così potenti, perché non potrei farlo anch’io oggi, con strumenti più avanzati e raffinati?
Quali tecniche utilizzi prevalentemente?
Conosco e ho sperimentato diversi procedimenti storici, dalla stampa alla gelatina d’argento all’albumina, dalla carta salata alla cianotipia fino alla Callitipia. Tuttavia, ho scelto di concentrare le mie ricerche sui procedimenti al pigmento: bromolio, oleotipia, resinotipia, gomma e stampa al carbone. Credo che conoscere a fondo queste tecniche, la loro storia e le loro implicazioni materiali e concettuali, sia fondamentale per ampliare il proprio vocabolario espressivo.
Queste stampe esistono nel mondo reale come oggetti unici, materici, irripetibili – ovviamente perdono gran parte del loro fascino se viste su uno schermo.
Quale pensi possa essere il ruolo delle tecniche di stampa dell’800 nella fotografia contemporanea?
Sono convinto che, come accade per le tecnologie digitali, anche i processi storici possano evolversi e rinnovarsi. Molti di questi procedimenti ottocenteschi sono oggi oggetto di riscoperta e reinterpretazione, anche grazie all’impiego di materiali moderni. Questo aggiornamento non solo ha reso le procedure più efficienti e accessibili, ma ha anche permesso di ridurre l’impatto ambientale e i rischi per la salute, eliminando l’uso di composti tossici. Questo approccio innovativo non solo preserva l’integrità delle tecniche tradizionali, ma le adatta alle esigenze del nostro tempo, promuovendo una pratica fotografica più sostenibile e consapevole.
Qual è la relazione, a tuo parere, tra la tecnica di stampa e l’immagine?
Per rispondere, vorrei citare due miei progetti.
Il primo si intitola “Camera Magmatica” e nasce da una lunga frequentazione visiva e affettiva con il paesaggio vulcanico campano. Fin da ragazzo ho fotografato il Vesuvio e, in seguito, i Campi Flegrei. Abitando alle pendici del vulcano, mi era difficile coglierne la reale pericolosità. Calpestavo la crosta di terra sotto la quale giaceva un mare di fuoco — pura energia distruttiva e creativa. Per questo progetto ho realizzato stampe al carbone utilizzando pigmenti estratti dalla roccia lavica del Vesuvio e dalla terra di Pozzuoli (il Rosso Pompeiano). Le stampe, dunque, non solo rappresentano quei luoghi, ma ne sono anche materialmente composte.
Un altro esempio è il progetto “Caproni”, una serie di ritratti che imitano la posa e la composizione della fotografia ottocentesca. I soggetti sono… caproni, che però vengono umanizzati e restituiti con una propria dignità individuale. Per rafforzare il dialogo con la tradizione ho preferito stampare le immagini con la tecnica della Stampa al Carbone coeva alla ritrattistica classica di metà ‘800.
Credi che l’analogico possa ancora avere un ruolo nella fotografia contemporanea?
La fotografia contemporanea si manifesta attraverso un variegato miscuglio di tecniche, linguaggi e tematiche diverse. Questo fenomeno potrebbe essere racchiuso nella parola “ibridazione”. I nuovi media (digitale, IA e video) si mescolano con l’analogico per arricchirsi della sua matericità e irregolarità. L’esempio più semplice di questa ibridazione è l’impiego di negativi di grande formato ottenuti da file digitali per la stampa a contatto dei processi fotografici storici.
Più complesso ma estremamente interessante sono i video digitali di Edd Carr. L’artista scompone i suoi video in singoli fotogrammi su pellicola e li stampa in cianotipia. Vengono poi acquisiti via scanner per essere nuovamente montati in video digitali.
Quindi i processi fotografici analogici non si sostituiscono alle tecnologie contemporanee, ma si integrano in una continuità culturale e tecnica. È un dialogo tra mondi diversi in cui le sensibilità fotografiche tradizionali convivono con le potenzialità creative offerte dalla tecnologia per creare nuove forme di espressione.
Conosci le possibilità dell’Intelligenza Artificiale? Cosa ne pensi?
Da un po’ di tempo mi sto ponendo la domanda se l’IA può produrre Arte.
La risposta dipende da come definiamo l’Arte.
Dipingere o fotografare di per sè non garantisce valore artistico — ciò che conta è un bisogno di esprimere un’emozione o un’esperienza interiore.
In questo senso l’IA è solo uno strumento come un pennello o una macchina fotografica. Ma a differenza di questi, l’IA necessita di istruzioni verbali tramite “prompt” scritti.
Spesso l’Arte serve ad esprimere significati ed emozioni di cui non conosciamo ancora le parole. L’ispirazione creativa nasce da stati interiori, da immagini mentali, sensazioni o intuizioni che non sono ancora codificati in forma linguistica. La parola arriva spesso dopo l’opera d’arte come tentativo di avvicinarsi a qualcosa che è inizialmente muto e ineffabile. Ed è qui che l’IA mostra il suo limite — la necessità di trasformare il non-verbale in verbale per generare immagini.
Tuttavia penso che l’uso dell’IA non deve essere rifiutato a priori ma piuttosto esplorato con consapevolezza e creatività. In definitiva ciò che rende arte una creazione non è il mezzo ma il signficato che porta con sè.
Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Il mio problema è che ho più progetti di quanti ne riesca a realizzare!
Dal 1997, quando pubblicai con altri autori il “Piccolo Trattato sui Procedimenti Fotografici al Pigmento”, non ho mai smesso di raccogliere appunti, articoli, pubblicazioni e libri sui processi fotografici storici. Oggi sento il bisogno di mettere ordine: svuotare cassetti, catalogare la mia biblioteca e riorganizzare il materiale accumulato nel tempo.
L’obiettivo è ambizioso ma chiaro: pubblicare una seconda edizione, ampliata e aggiornata, dedicata ai “Procedimenti Fotografici al Pigmento Contemporanei”.




