Lavoro. Fim Cisl Campania: Mettiamo fine a discriminazione salariale

NAPOLI – “Parlare e dibattere di salario minimo legale è profondamente sbagliato in una nazione dove la contrattazione collettiva è diffusissima (oltre il 90%), addirittura ben oltre i principi fissati dalla direttiva comunitaria europea (80%)”. E’ quanto sostiene il segretario generale della Fim Cisl Campania Raffaele Apetino.

“Il modello delle relazioni industriali italiano oggi offre una moltitudine di istituti contrattuali, quasi inesistenti all’estero: ferie, permessi retribuiti, 13sima, 14sima, Tfr solo per citarne alcuni che sono stabilmente parte integrante della retribuzione annua di ogni lavoratrice e lavoratore. Il vero problema da affrontare e risolvere una volta e per sempre nel nostro paese è che nessun lavoratore deve essere pagato per pochi euro all’ora. E sicuramente esistono tutti gli strumenti per consentire di mettere la parola fina a questa discriminazione salariale indegna di un paese civile come il nostro. Il Governo in questo caso, potrebbe intervenire con una norma legislativa ed obbligare avvalendosi dell’ausilio dell’Inps con la certificazione Uniemens (denuncia obbligatoria inviata mensilmente all’INPS dai datori di lavoro del settore privato che svolgono le funzioni di sostituti d’imposta certificazione che raccoglie, a livello individuale per ogni lavoratore, le informazioni retributive e contributive) tutte quelle imprese metalmeccaniche che non lo fanno ad applicare i contratti nazionali sottoscritti da Cgil Cisl e Uil. Un intervento legislativo invece per inserire il salario minimo legale potrebbe causare un effetto domino negativo schiacciando verso il basso le retribuzioni. Basti pensare al settore metalmeccanico dove grazie al rinnovo dell’ultimo contratto nazionale siglato durante la pandemia, ha portato attualmente i minimi retributivi a 1869,64 euro a fronte delle 1557 euro di un ipotetico salario minimo legale (9euro/ora)”.

Una differenza base di oltre 312 euro a cui vanno aggiunti tutti gli elementi indiretti della retribuzione come scatti di anzianità, super minimi, 13sima, 14 sima, premi di produzione, welfare, che concorrono a formare reddito. Una legge sul salario minimo legale come se non bastasse potrebbe aprire un circolo vizioso dai danni incalcolabili per i lavoratori e cioè potrebbe innescare una uscita dal sistema contrattuale da parte di diverse aziende metalmeccaniche che applicando esclusivamente il salario minimo legale, abbasserebbero in un solo colpo retribuzioni e tutele ai dipendenti.

“Inoltre – conclude Apetino- in Italia c’è chiaramente un problema cronico da risolvere, una pressione fiscale enorme che impatta in maniera negativa per circa il 46% su ogni busta paga di un lavoratore metalmeccanico e non solo. Se si intervenisse con una riduzione del cuneo di circa 3% la pressione fiscale scenderebbe al 42,9%, avvicinandosi alla media dell’Eurozona del 41,7e il beneficio per i lavoratori metalmeccanici sarebbe stimato intorno agli 800 euro per i redditi fino a 30.000 euro e 900 euro per i redditi fino a 35.000 euro”.

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