Le fotografie di Gino Di Meglio come preghiera laica

di Luca Sorbo *

Le fotografie di Gino di Meglio sono dei mondi da esplorare, c’è una preziosità stilistica che sorprende l’occhio e lo obbliga ad interrogarsi sulla natura profonda del reale. Le scale di grigio delle sue foto sono onde emotive da cui lasciarsi cullare, la ricchezza dei dettagli è un mondo in cui perdersi. Il nostro sguardo resta imprigionato nell’eleganza, nella sensualità delle sue gomme bicromatate, tra le più belle che abbia mai visto. Il suo lavoro non ricorda le melense ricerche dei pittorialisti italiani, come un occhio superficiale potrebbe supporre, ma si ricollega ad una delle tradizioni più fervide che ha attraversato la storia della fotografia.

Alla fine degli anni ’30 in America nacque un gruppo di fotografi che volle chiamarsi “f:64”, riferendosi al diaframma che utilizzavano nella ripresa per ottenere la massima nitidezza. I principali esponenti furono Ansel Adams e Edward Weston, il loro principale scopo fu quello di raccontare con la fotografia la bellezza dei paesaggi, degli oggetti e dei soggetti che riprendevano. Furono, a mio parere, come dei sacerdoti che codificarono una metodologia di ripresa, sviluppo a stampa che costituisce anche oggi un rituale a cui attenersi per ottenere la massima scala tonale ed i dettagli più fini. Questa, lungi dall’essere una sterile ricerca tecnica, era una metodologia per dimostrare la propria devozione verso i soggetti che erano all’interno dell’inquadratura. Sono convinto che queste immagini possono essere interpretate come delle preghiere laiche, un modo per esprimere il proprio sentimento di gratitudine verso il Creato. Ansel Adams fotografò il paesaggio americano perché voleva preservarne la bellezza e, per ottenere questo scopo, sviluppò una sapienza tecnica di altissimo livello inventando il metodo zonale: voleva realizzare foto così belle che poi nessuno avrebbe osato distruggere quel paesaggio, sentiva il dovere di registrare ogni sfumatura, ogni dettaglio di quel mondo che tanto amava. Era, a mio parere, una vera e propria esperienza mistica, che cercava attraverso la fotografia un contatto con Dio. Edward Weston cercò la poesia delle forme con le sue immagini delle dune, delle rocce. La sua foto al corpo nudo di Tina Modotti è una vera propria ode alla bellezza della donna ed una dichiarazione d’amore alla sua amata, intensa, vera, necessaria.

Credo che Gino sia un seguace di questa religione, vive anche lui l’ossessione per la ricerca del bello che ha dominato la vita di Ansel Adams ed Edward Weston. Nelle sue foto riviviamo il senso profondo di questa ricerca che tanto ha influenzato la storia della fotografia. Gino è un avvocato di successo e conosce bene la meschinità e la mediocrità che la quotidianità ci regala, ma ad essa non si è arreso. E’ un uomo concreto sicuro di sé, ma ha conservato l’innocenza, l’ingenuità e la capacità di lasciarsi sorprendere. Vive ad Ischia e sono sicuro che da bambino debba aver vissuto lo stupore per la forza dei tramonti, per la potenza del mare in tempesta, debba essersi immerso nel fascino di una delle isole più belle del Mediterraneo. Ritengo che abbia interiorizzato tutta questa bellezza e l’abbia preservata dalle brutture della vita ed oggi ha deciso di viverla in tutta la sua pienezza. Credo che il presente lavoro sia solo una prima tappa, credo che ci sia una potenza emotiva ancora tutta da esprimere. Nei fiori intravedo la potenza erotica di Mapplethorpe, nei paesaggi una ricerca di infinito appena iniziata, nelle rocce un interrogare la terra inquieta in cui vive. E’ difficile sottrarsi dal paragonare la forza espressiva di Gino, ancora non del tutto esplorata, alla potenza dei fenomeni vulcanici di Ischia. Noi siamo figli della terra in cui viviamo, da essa prendiamo il corpo e la forza dello spirito. Le fonti di energie vitale a cui attinge Gino sono potenti e possono ancora raccontare storie dense emozioni. Ascoltiamo queste preghiere con gli occhi dell’anima che sa riconoscere i segni del bello ed abbandoniamoci alla razionale, calcolata follia di Gino ed alla sua ossessione di perfezione, in essa troveremo la nostra follia ed il nostro non arrenderci al brutto che la vita ci consegna ogni giorno.

(*) esperto in storia e tecnica della fotografia
già docente Accademia di Belle Arti

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