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di Luca Sorbo *
L'architettura è spesso lo specchio fedele della qualità della vita sociale di una comunità. Attraversare le strade del Basso Casertano e dell'Hinterland napoletano, ma anche di tanti territori della Puglia, della Calabria e della Sicilia è purtroppo un viaggio nell'orrore, è un confrontarsi con una giungla di cemento spesso abusiva e priva di qualunque pianificazione. Questo degrado a volte è figlio dell'illegalità, della speculazione, altre volte è solo figlio della nostra indifferenza nei confronti di un paesaggio che non tuteliamo nel modo dovuto.
Una riflessione visiva di grande coraggio ed efficacia è quella realizzata dalla fotografa napoletana Adelaide Di Nunzio. Il suo libro Architetture criminali è uno spietato campionario di abusi edilizi, ville di boss confiscate, infrastrutture mai completate. Sono immagini crude, di forte impatto visivo che ci obbligano a porci delle domande sul perché tutto questo è potuto accadere. La presenza della criminalità organizzata può solo in parte spiegare questa devastazione; dobbiamo essere consapevoli che la responsabilità è collettiva e che il non prendersi cura del territorio e degli spazi urbani è qualcosa che coinvolge la maggioranza della popolazione: dove non c'è cura si creano le condizioni perché ci sia una mentalità criminale.
Sono tristemente affascinanti le ville dei boss confiscate. In questi edifici Adelaide individua il sacro Kitsch, cioè tutta una serie di riferimenti culturali come le scale a chiocciola, gli arredi zebrati , le piscine che fanno pensare ad alcuni film sulla mafia come il Padrino o Scarface. Un esempio può essere la villa di Michele Zaza a Posillipo, che oggi è sede dell'associazione “Le gloriette”, che si occupa di ragazzi con lievi problemi mentali
L'autrice ci confessa: ” Non è stato semplice lavorare fotograficamente su Napoli: chi è nato in questi luoghi si abitua alla fatiscenza e si consola guardando il mare ed il golfo, le piazze, i monumenti e il sole dietro al Vesuvio. Per sopravvivenza si dimentica l'inferno. (…) Le ombre e le luci di Napoli hanno accompagnato il mio viaggio.” Adelaide è convinta che la denuncia fotografica è un atto di amore verso la società e spera che il suo lavoro fotografico, che è il risultato di dieci anni di reportage, possa portare ad una maggiore consapevolezza.
Il libro, che è stato realizzato con un crowfunding, ha una veste editoriale molto particolare. È giallo oro con in copertina una foto in negativo, a rappresentare che è l'avidità, il desiderio di danaro, la causa principale di tutti questi aspetti negativi.
(*) esperto in storia e tecnica della fotografia
già docente Accademia di Belle Arti
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