di Luca Sorbo*
Mario Ferrara usa la fotografia con sapienza, ha piena fiducia nella capacità del mezzo di rivelare il soggetto. La sua creatività si esprime nel ridurre al minimo il suo intervento.
Molti credono che per essere autore si debba intervenire nell’opera con effetti sorprendenti, ma questo a volte esprime solo l’insicurezza del fotografo. Mario vuole che il soggetto sia in qualche modo autore e che la fotografia sia scrittura di luce. Utilizza il mezzo come memoria di macchina, padroneggiando le regolazioni della sua Silvestri con maestria. Non cerca le facili astrazioni o i giochi prospettici.
Nel guardare le sue immagini penso ai ritratti di fabbrica di Basilico, ritrovo la stessa ricerca di essenzialità, lo stesso rispetto per quelle strutture, che un tempo hanno avuto un ruolo importante per il territorio in cui sono ubicate e per le persone che vi hanno lavorato.
Lo sguardo attento di Mario ricerca le linee di forza dell’edificio per costruire l’inquadratura, ricerca la presenza della luce per dare tridimensionalità al soggetto, ricerca la funzionalità architettonica, cerca insomma la personalità della fabbrica. Le tracce della presenza umana sono rare e poco significative, il vero protagonista è la fabbrica un tempo struttura importante ed oggi abbandonata ed inutile.
Vi è nel suo lavoro una sorta di progettazione visiva dello spazio, una riflessione su come l’architettura interagisce e modifica il territorio. È una presa di coscienza dei luoghi in cui si vive, un focalizzare l’attenzione su questi scarti del progresso industriale che spesso sono abbandonati e dimenticati, una riaffermazione di identità.
Questo è un intervento, che mi piace chiamare di ecologia visiva.
Da queste foto, però, si evince anche la cultura dello studioso e la passione del professionista, cosi padrone del mezzo e del linguaggio da utilizzarlo nella sua massima originalità ed essenzialità.
Oggi che il digitale consente ogni tipo di manipolazione si sente forte l’esigenza di recuperare l’essenza del linguaggio fotografico, il suo essere impronta di luce, mediata dall’inconscio tecnologico della fotocamera.
Il vero autore non si manifesta solo nell’indagare le possibilità espressive, ma anche nell’usare il mezzo con responsabilità e serietà e credo di poter dire che Mario Ferrara sia riuscito ad esserlo.
Le immagini pubblicate sono relative ad una ricerca sull’archeologia industriale relativa all’ex Montedison di Falconara Marittima (AN) ed alle Ceramiche Pozzi di Sparanise. Le immagini delle Ceramiche Pozzi sono state premiate in occasione del concorso Fotografare il moderno nel 2007 da Mimmo Jodice.
(*) esperto in storia e tecnica della fotografia
già docente Accademia di Belle Arti