Metti una sera a cena: Osteria Partenope, benvenuti a casa Acunzo / ???

Dire Acunzo è raccontare una lunga storia, nata nel 1938, di gusto e cibo al Vomero, il quartiere collinare di Napoli. Dire Acunzo è andare a rispolverare i ricordi di filoni scolastici e lunghe serate, condite al gusto della Friggitoria Vomero, da decenni saldamente all’angolo tra via Scarlatti e via Kerbaker; oppure di serate – intime o conviviali – nella vicina Pizzeria, nata come trattoria nel 1964.

Gelosamente nascosto da un vicoletto, tra i due punti locali di famiglia si inserisce dal 2014 l’ Osteria Partenope, gestita da Fabio Messina, figlio di Filomena Acunzo, storica custode delle ricette di famiglia.

Il locale, due sale con un piccolo spazio esterno, è accogliente, maiolicato e di gusto. Insomma, ci si sente a casa, lontani dal fastidioso brusio e vociare delle urlanti megapizzerie. A tanto basta per poter dialogare con il commensale di fronte. II cibo è un buon viatico, e questo gli Acunzo lo sanno bene. Ci si sente a proprio agio e tanto basta per poterci passare una sera.

Fabio Messina è uomo di forti convinzioni gastronomiche (o almeno così sembra): per lui non esistono effetti speciali o variazioni sul tema (fatevi raccontare la sua sulla zuppa di cozze), ma la tradizione si deve basare sulla genuinità degli ingredienti.

E nel rispetto della tradizione è l’entrée con la classica montanara: la pizza fritta, come detto, è nel Dna di Acunzo, ma questa volta ci ha riportato al palato, al cuore e alla mente altri ricordi, quelli di casa, di quelle paste cresciute un po’ bionde e consistenti fatte da farina vera, semplice, non ‘forte’… E non a caso Fabio ha reclutato per i ‘giovedì’ (unico giorno in cui troverete i fritti di famiglia) mamma Filomena e Zio Antonio Acunzo, noti al grande pubblico televisivo per essere stati giudici della prima edizione di Masterchef.

La controprova, che vale anche per la ‘classica’ fritta ripiena (ricotta e fiori di latte): non fanno male, come non facevano male i cuopponi che, all’epoca, si ordinavano in friggitoria in base al prezzo (“fatemi mille lire di misto…”)

Ma torniamo in trattoria, che è anche un po’ un ritorno alle origini: anche se la specialità di Fabio è la cucina a base di pesce, il trittico proposto è di quelli classici (che potete trovare tutti i giorni), con pasta e patate con provola; ziti (spezzati a mano) lardiati (con Bellota iberico, unica variazione sul tema) e candele alla genovese. Quasi in linea gli abbinamento con un rosso Côtes du Rhône (per i maniaci: i vitigni sono 60% Syrah e 40% Grenache), che ben si è accoppiato con ziti lardiati e pasta e patate; poi uno El Bar Argentino Chardonnay per la Genovese, che, a parte il doveroso omaggio a Diego, ha un po’ lasciato perplesso il palato e il naso. La domanda è: Fabio, perché? …visto che hai in carta una bella selezione di cantine campane?

A finale, la tradizione è rispettata. Il rapporto qualità/prezzo è buono, il gusto non tradisce.

Il consiglio? Visto che il cibo esalta o tranquillizza gli animi, portate la/il partner all’ Osteria Partenope. Non andate di fretta: l’ambiente è quello ideale, alle vostre spalle la Sirena Partenope e San Gennaro vi benedicono dal Vesuvio. Ascoltate i ritmi del cuore e lasciate andare gli sguardi, al resto ci pensa la cucina ad amalgamare tutto.

Osteria Partenope
Via Domenico Cimarosa, 56
Napoli
tel. 081 558 4006

voto: ???

 

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