
“La tradizione di oggi è l’innovazione di ieri”. Con questa citazione di Pierre Terblanche, il professor Paolo Masi, emerito di Scienze e Tecnologie Alimentari dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, ha introdotto i risultati di uno studio accademico durato quattro anni. La ricerca, condotta in sinergia da docenti e ricercatori di diverse università del Mezzogiorno (Università della Tuscia, Università di Salerno, Università Mediterranea di Reggio Calabria, Università di Bari, Università del Molise, Università Federico II di Napoli) e del CNR, è stata raccolta nel volume “L’arte del pizzaiuolo napoletano tra tradizione e innovazione“, edito da Doppiavoce.

Nella Sala Cinese del Dipartimento di Agraria di Portici, si è tenuta la presentazione ufficiale del libro. L’evento, moderato dal giornalista Luciano Pignataro, ha visto la partecipazione di esperti del settore: Mauro Moresi (professore di Tecnologie Alimentari all’Università della Tuscia), Paolo Masi, Antimo Caputo, Danilo Ercolini (professore di microbiologia agraria, alimentare e ambientale), Alfonso Pecoraro Scanio (presidente della Fondazione UniVerde) ed Enzo Coccia, titolare della pizzeria La Notizia e tra i promotori dell’iniziativa.
Questa pubblicazione fornisce per la prima volta una base scientifica solida sulla pizza napoletana. Lo studio ha analizzato i protocolli di produzione, l’impatto ambientale e gli ingredienti utilizzati, sfatando miti e fornendo dati concreti.
“Si sentiva davvero la necessità di questo studio”, ha dichiarato il professor Masi. “Mai prima d’ora era stata condotta un’analisi così approfondita. Abbiamo persino misurato le emissioni di CO2, scoprendo che il forno a legna produce una percentuale inferiore rispetto al forno elettrico.”
Secondo Antimo Caputo, CEO di Mulino Caputo, il libro rappresenta “uno strumento essenziale per il settore artigianale, utile alle nuove generazioni di pizzaiuoli che desiderano acquisire conoscenza e competenza, non solo nella produzione ma anche nella comunicazione.”
Il valore economico della pizza napoletana
La pizza napoletana non è solo un’icona gastronomica, ma anche un motore economico di primo piano. In Italia si consumano otto milioni di pizze al giorno, generando un fatturato annuo di 15 miliardi di euro. Il settore conta 40.000 pizzerie attive e impiega 100.000 addetti fissi, con un numero che raddoppia nei fine settimana.
L’indotto è altrettanto significativo: ogni anno si consumano 200 milioni di kg di farina, 225 milioni di kg di mozzarella, 60 milioni di litri di olio, 260 milioni di kg di pomodoro. Inoltre, la pizza traina settori correlati come la promozione turistica e la divulgazione culturale.
L’arte del pizzaiuolo napoletano è riconosciuta dall’UNESCO come patrimonio immateriale dell’umanità, e grazie a studi come questo, la sua tradizione viene tutelata e proiettata verso il futuro.