di Luca Sorbo
NAPOLI – “Appena entrato alle Scalze lo scambio tra pieno e vuoto mi ha colpito fisicamente. Come quando per la prima volta percepisci fisicamente le onde su cui corre la musica. La forma del tuo corpo viene plasmata dall’emozione; pieno e vuoto sono lì, davanti a te. Immobili, immediatamente reattivi alle tue emozioni. Luce e buio, enorme e microscopico, rumore e silenzio. Sacro e umano. Esiste lì una decadenza che vive di luce propria. Attraversandola ti fai dieci volte più alto, nello scoprirla minuscolo. Voglio in questa mostra entrare leggero come l’aria che muove una tenda, violento come il vento che fa sbattere la finestra, che rompe i vetri. Come uno specchio in queste immagini voglio riflettere l’emozione che ha modificato il mio corpo durante questi anni.”
Queste parole di Luca Stoppini sottolineano in modo efficace la fascinazione che ha vissuto nel confrontarsi con lo spazio fisico della chiesa di San Giuseppe delle Scalze a salita Pontecorvo, a poca distanza da piazza Dante, e che ha guidato il suo intervento artistico. La chiesa nel 1600 si è arricchita con una nuova facciata realizzata da Cosimo Fanzago, che ha reso ancora più particolare la sua struttura, creando uno spazio tra la prima e la seconda facciata simile ad un foyer di un teatro. Il titolo dell’installazione è Tra il muro della terra ed i martìri ed è tratto dal decimo canto della Divina Commedia.
Luca Stoppini ha un fare gentile e quando lo incontro mi parla della sua passione per il teatro e per le arti visive.
La sua prima formazione è di grafico, poi, anche grazie anche all’amicizia con Giovanni Gastel, diventa art director di Vogue Italia, dove diventa un punto di riferimento per tutti i fotografi di moda. Sviluppa anche una sua ricerca artistica dove ha sempre un peso importante l’elemento scenografico. Riflette anche su come noi oggi percepiamo il reale, ormai sempre più mediato dagli schermi.
Lo spazio, quindi, della chiesa diviene una scenografia ricca di pieni e di vuoti dove inserire le sue foto elaborate di grandi dimensioni stampate su carta come nei manifesti pubblicitari 6x3m.
Ci dice ancora Stoppini: “Appena dentro capisci che sei sospeso, in equilibrio tra terra e cielo e per entrare in ‘palcoscenico’ devi salire in paradiso. È un paradiso ancora più in alto di dove sta e una volta varcate le quinte il boccascena è enorme. Sei microscopico in scena e l’architettura in modo violento ti obbliga ad alzare la testa e capire che lì non può esserci sfida. Le pareti ti guardano anche se gli occhi glieli hanno rubati e il vuoto si riempie e prende forma. Pulsa. Inizia il balletto, un pericoloso funambolismo su cornicioni decadenti, pietre traballanti, banchi di scuola, sedie di plastica lì abbandonati durante tutti i furti accaduti e che si muovono ad ogni cambio di scena. Una coreografia in equilibrio tra il Paradiso e l’Inferno. Il mio lavoro vuole entrare in silenzio e con
addosso la polvere degli anni che lo hanno modificato e in scena trovare il suo ruolo coprendo una balaustra, specchiando il vuoto lasciato del Giordano “rubato” o appoggiandosi ad una colonna quasi a volerla sostenere nella speranza di poter diventare nel tempo parte integrante.”
Il dialogo intenso tra l’autore e lo spazio crea una tensione emotiva in cui necessariamente si deve immergere lo spettatore che può vivere l’istallazione attraverso un proprio percorso visivo ed emotivo.
La mostra Tra il muro della terra e i martìri resterà aperta al pubblico dal 1 al 13 aprile 2023 negli orari di visita della Chiesa San Giuseppe delle Scalze (10-16.00).