di Manuela Ragucci
NAPOLI – Rude Awakening è il singolo d'esordio di Fabio Cicala artista eclettico campano di nascita e londinese di adozione. Il singolo dà il titolo ad un progetto di 9 brani, registrati tra il 2019 e il 2020 presso gli Abbey Road Studios e i Soho Sonic Studios di Londra.
Ci parli del tuo progetto musicale…
Rude Awakening, esprime l'inizio del mio viaggio di crescita personale e spirituale avvenuto a partire dal 2014, quando mi sono trasferito nel Regno Unito. Si tratta di un insieme di 9 brani, registrati tra il 2019 e il 2020 prevalentemente presso gli Abbey Road Studios di Londra, e qualche traccia registrata nei Soho Sonic Studios. Sono composizioni per sola chitarra classica accordata con il La a 432 Hz. Il progetto musicale presenta frammenti di diversi generi armonizzati in sonorità minimali e vibrazionali, a tratti ipnotiche, un tessuto musicale che aiuta a rilassarsi e a meditare. I brani che fanno parte del progetto Rude Awakening, sono il mio “diario sonoro”, perchè racchiudono diverse influenze musicali, provenienti dalle varie canzoni che ho suonato durante la mie esibizioni, e li considero come un punto di riferimento per le mie prossime composizioni. L'ispirazione nel considerarlo un diario sonoro, mi è venuta anche dai primi tentativi di composizioni di Mozart bambino. Il singolo di esordio che propongo in questo momento, dà il titolo all'intero progetto. E' caratterizzato da un'estrema semplicità strutturale che estranea l'ascoltatore portandolo in una condizione atemporale, metafisica. Nel brano utilizzo la tecnica dell'ostinato, cioè il ripetersi di una serie di note, di un ritmo, in maniera quasi ossessiva, come in una composizione di Erik Satie. I cromatismi dell'arpeggio del brano, vanno poi a costruire un'ambiguità armonica, che confonde gradevolmente l'ascoltatore. Ho anche voluto attingere alle sonorità di Steve Vai, e dei Mahavishnu Orchestra, alla loro capacità di amalgamare la musica indiana con quella occidentale.
Che emozione ha provato entrando nei mitici studi di registrazione londinesi?
E' stato incredibile entrare negli Abbey Road Studios come artista che registrava i suoi primi brani originali! Ho vissuto lo stesso entusiasmo e ansia che provavo quando andavo a dare l'esame di un corso che mi piaceva. L'ingegnere del suono che ha registrato la mia musica, mi ha fatto visitare i vari studi, decantandone le caratteristiche tecniche e gli utilizzi di ognuno. Il personale e' stato molto gentile con me, e faceva in modo di mettermi a mio agio. Poi c'erano turisti da tutto il mondo che scattavano fotografie all'ingresso degli studio, e a tutti quelli che vi entravano e vi uscivano, me incluso! Mi sono sentito molto coccolato!
Una dimensione molto intimista quella contenuta nel suo singolo, è difficile mettersi a nudo musicalmente parlando?
Sarà perché sono autodidatta, o perché si tratta del mio primo brano originale, ma credo che il modo migliore per presentarmi al pubblico, non come interprete dei brani di qualcun altro, ma come il compositore di quelli che suono, sia quello di scavare dentro di me, e condividere la pulsione stessa che mi motiva a fare musica. Credo che sia necessario condividere questo tipo di verità, prima ancora che affrontare altri temi. Forse l'unico ostacolo, da non sottovalutare, le prime volte che ci si presenta come autore ed interprete della propria musica, può essere quello di voler strafare per mostrare di cosa si è capaci… Questo fa perdere l'autenticità.
Come vivono gli artisti a Londra?
Londra è una megalopoli vibrante e multiculturale che dà a tutti la possibilità di esprimersi. Non importa il tipo di talento che si voglia affinare, o nel mio caso, il genere musicale che si voglia proporre, c'è sempre una fetta della popolazione pronta ad accoglierlo e a riconoscervisi. L'unico requisito che ti viene richiesto, è la voglia di metterti in gioco, di rischiare per le proprie idee… Ma a questo ci pensano la vita frenetica, la proposta di infinite esperienze culturali e non, l'incontro-scontro con le altre culture, lo stare a contatto con persone provenienti da esperienze di vita diverse, e con le ambizioni più impensabili, che liberano la tua immaginazione. Inoltre, spesso il caro vita, e il costo elevato degli affitti (in proporzione agli spazi minuscoli in cui vivi), ti comprimono, ti costringono a concentrarti sui tuoi obiettivi, facendo esplodere la creatività!
La musica ha una forza salvifica come il teatro? Se sì in che modo?
Fare musica impone ore di prove da soli, quindi di introspezione, anche nel caso si voglia far parte di una band o di un'orchestra. Questo porta a fare i conti con se stessi, con chi si vuole diventare musicalmente e come persona, a fare modifiche al proprio stile di vita per raggiungere gli obiettivi, a migliorarsi. Nel mondo contemporaneo, la fruizione del teatro impone una scelta consapevole, forse una educazione e una sensibilità maggiori rispetto alla fruizione della musica, anche quando si guarda il teatro in televisione o sui social (però in questo caso si tratta della “riproduzione” di uno spettacolo teatrale attraverso altri media). L'ascolto di un genere musicale o di un musicista in particolare, possono necessitare di una scelta consapevole e di una educazione, ma la musica in generale no. Infatti, essa interagisce con i nostri impulsi ancestrali. Infatti per diverse culture, in principio non era “il verbo”, ma “il suono” scatenante. Inoltre, per alcuni studiosi, la parola “Yahweh” dell'antico ebraico è la codificazione linguistica del suono del respiro, in cui la prima sillaba si riferisce all'inspirazione e la seconda all'espirazione. Il teatro necessita almeno di un teatrante e di uno spettatore, mentre invece un musicista può fruire della propria musica. L'approccio alla musica è più immediato, sia per chi la fa, che per chi la ascolta. Considerando tutti questi aspetti, credo che la musica abbia una forza salvifica come il teatro, se non addirittura maggiore!
(Le foto sono di Marcello Merenda, courtesy by Manuela Ragucci/Fabio Cicala )