MOTO AL LUOGO – cerchi concentrici sul suolo vesuviano, dall'8 febbraio la mostra di Gaetano Romano al Museo MATT di Terzigno.
Gaetano Romano, sociologo e critico esperto, da sempre attento all'arte e alla cultura locale, cura la mostra Moto al luogo presso il suggestivo museo Matt di Terzigno, dall' 8 febbraio e fino alla fine di marzo.
Un rapporto viscerale con il territorio, ma anche una continua ricerca sull'evoluzione e il pensiero che l'arte moderna ha sviluppato nell'area vesuviana, questi gli intenti che soggiacciono all'allestimento.
La mostra esplora la contemporaneità attraverso lo sguardo personale e autentico degli 11 artisti coinvolti, mettendo in risalto il rapporto tra modernità e territorio. Noi www.sudnotizie.com abbiamo avuto il piacere di scambiare due chiacchiere con il curatore della mostra, Gaetano Romano.
Gaetano grazie per la disponibilità. Come mai questo allestimento al Matt?
Grazie a te Roberta. Dunque, il MATT, Museo archeologico territoriale Terzigno nasce circa 5-6 anni fa, ed è originariamente un mattatoio costituito durante il ventennio fascista, restaurato senza alterarne la natura architettonica, dall'architetto Massa, attuale direttore del museo, con l'appoggio del Comune di Terzigno ed in particolare della Sovraintendenza archeologica di Pompei.
Al piano terra ci sono aule adibite allo studio a disposizione di studenti e studentesse universitari, mentre al primo piano ci sono i ritrovamenti delle ville romane vesuviane di Terzigno della Cava Ranieri. Qui c'è anche un larario con motivi che richiamano il culto di Dioniso e di fronte a questo, oggi in occasione della mostra, è collocata l'opera di Giuseppe di Guida, “Dioniso abita qui “.
Il MATT nasce come luogo di patimento, rilevato, ristrutturato e che ha restituito ritrovamenti archeologici di una valente suggestione. È un luogo che racconta una storia e può concentrare tradizione e nuovi sguardi sul mondo.
Moto al luogo-– cerchi concentrici sul suolo vesuviano. Da dove nasce l'idea per questa mostra e cosa vuole raccontarci?
La mia ricerca critica, che è nata nel 1980 prima nel territorio di Somma Vesuviana, poi anche fuori col Giugno popolare vesuviano, https://www.centrostuditeatro.it/2013/04/presentazione-del-volume-il-giugno-popolare-vesuviano-s-giuseppe-vesuviano/), mira a valorizzare gli artisti significativi che operano sul territorio, e ha generato un progetto che mi piace definire a cerchi concentrici. È un lavoro che è partito con il mio volume Aspectus. Specchi in fiamme dello sguardo. (https://terredicampania.it/il-critico-darte-gaetano-romano-presenta-aspectus/) con progetti relativi al territorio di Somma ma che si allargano sempre di più, come dei cerchi per l'appunto, con l'auspicio che raggiungano anche altre province campane. Il nome che ho assegnato a questa mostra richiama un aspetto che ritengo essenziale, muoversi da un luogo verso di esso, osservandone il movimento, e la scelta è ricaduta su Terzigno perché questo museo è particolarmente evocativo. La mia idea si struttura dall'esterno, dal muro perimetrale nei terrapieni alti un metro, sui quali due artisti hanno installato la propria opera.
Le opere all'esterno
Una è quella dell'architetto Giacomo Savio (https://www.smach.it/giacomo-savio), dal titolo “Senza cervello“. Il paradigma descritto dall'artista ha come postulato una comune considerazione, quella per cui gli alberi, ma in generale la natura e i suoi elementi, siano privi di cervello. Invero, ricerche anche recenti, basti pensare a quanto evidenziato da Stefano Mancuso (https://it.wikipedia.org/wiki/Stefano_Mancuso), dimostrano una sensibile interazione degli elementi della natura. Pensiamo, a titolo di esempio, il soccorso che gli alberi si prestano reciprocamente in caso di bisogno, utilizzando le proprie radici. Questo non solo sconfesserebbe un infondato credere comune, ma porrebbe l'accento su una particolare capacità sensoriale degli elementi della natura.
L'opera di Savio si sviluppa attraverso una serie di pali di legno collocati secondo uno specifico ordine numerico, quello del calcolo del matematico Fibonacci e richiama altresì la visione di Emilio Villa sul labirinto (https://it.wikipedia.org/wiki/Emilio_Villa), rispetto al quale l'individuo ne sarebbe è un tempo, artefice e vittima.
L'altra opera è quella dell'architetto Claudio Bozzaotra (https://www.premiocomel.it/intervista-a-claudio-bozzaotra/), che si muove nella direzione del sociologo e filosofo Zygmunt Bauman (https://it.wikipedia.org/wiki/Zygmunt_Bauman). Il tema centrale è il consumismo, l'attitudine sociale al consumo, centrando il modo in cui gli individui vivono in questa società, e come lasciano le proprie tracce attraverso i beni e il denaro. Per questo l'artista ricorre a dei simboli impressi sulle bandiere che altro non sono che le impronte solcate dall'uomo e ciò verso cui è spinto.
Queste due realtà poste all'esterno del MATT, vogliono indurre e avviare gli astanti a una riflessione sull'attualità e sul pensiero moderno. Dentro, invece, al primo piano c'è l'opera di Giuseppe di Guida, come già detto, e sono altresì presenti opere di Mario Apuzzo, Luigi Vollaroe, Anna Coppola, Peppe Capasso, Marcello Cinque, Ugo Cordasco e le performance in diretta degli artisti Pietro Mingione e Walton Zed.
A piano terra i performer invitati hanno portato anche due opere preparatorie, i cd. lavori minimi come li ha definiti Gillo Dorfles ( https://it.wikipedia.org/wiki/Gillo_Dorfles), critico d'arte ed estetologo, o come li descrivo io, il “passato prossimo“, perché è ciò che è esattamente dietro le opere e che ci aiuta ad entrare nell'alchimia che ha legato il lavoro dell'artista alla sua opera.
L'arte moderna adopera linguaggi non necessariamente immediati. Ad ogni modo, crede sia possibile comprenderla fino in fondo?
Per comprendere l'arte, in generale, è necessario frequentarla e vivere i contesti in cui questa si esprime. L'arte contemporanea in particolare non dovrebbe essere spiegata, secondo alcuni filoni di pensiero, questo rappresenterebbe una forzatura. Il fruitore che non è abituato a questi linguaggi può incorrere in qualche difficoltà, ma se ci si approssima all'arte e alla modernità instaurando un dialogo, come è quello che tento di fare con questi artisti con Moto al luogo, allora se ne possono percepire degli aspetti e superare barriere comunicative.
Ringraziamo vivamente Gaetano Romano per il tempo e la disponibilità e invitiamo tutti i nostri lettori a recarsi alla mostra Moto al luogo presso il Museo MATT, disponibile ancora fino alla fine di marzo.